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By Redazione Il Verde & Il Blu Festival

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Smart Economy, come cambia la shopping experience  

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Come cambia l’esperienza di acquisto di beni e servizi nell’era della smart economy? E, oltre al rapporto del cittadino con il retail, come evolvono i modelli di business fin qui noti? Su questo tenta di fare luce l’ultimo report di BIP sulla Smart Economy che parte dall’assunto per cui l’efficacia della tecnologia e delle singole innovazioni va valutata sulla base dei cambiamenti positivi che apporta nella vita delle persone e al valore condiviso che crea nella società. 

Tra le definizioni più accreditate di smart economy c’è quella di IGI Global, secondo cui si tratta di “un’economia che si basa sull’innovazione tecnologica, sull’efficienza delle risorse, sulla sostenibilità e su un elevato benessere sociale come motori del successo. Adotta l’innovazione e nuove iniziative imprenditoriali, oltre ad aumentare la produttività e la competitività, con l’obiettivo generale di migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini”. Si parla dunque di un nuovo paradigma economico in cui i sistemi tradizionali vengono sostituiti da forme innovative di relazioni economiche. Per tendere verso questo nuovo modello, è necessaria l’integrazione di nuove tecnologie per migliorare l’efficienza delle risorse e il processo decisionale. Ciò promuove un ambiente favorevole all’e-business e all’e-commerce, e dunque a una nuova shopping experience.  

La smart economy è caratterizzata da tre elementi essenziali:  

  • immediatezza (a garanzia che azioni precise avvengano in momenti specifici); 
  • immersione (il pieno coinvolgimento dell’utente nell’esperienza) 
  • interazione (il coinvolgimento emotivo dell’utente mediante lo scambio).  

Sulle attuali modalità di acquisto di beni servizi la pandemia da Covid ha avuto un forte impatto che ha spinto a una significativa trasformazione digitale accompagnata da un generale cambio delle abitudini. Come noto, gran parte della popolazione è rimasta isolata e dunque ha fatto ricorso in modo massivo a nuovi canali e metodi di pagamento digitali, alla ricerca di soluzioni per la propria vita privata e lavorativa. La frequenza di acquisti online è andata intensificandosi in misura via via crescente, anche per categorie di prodotti che prima non erano così diffuse in ambiente digitale. Anche le aziende si sono adattate a questa trasformazione. In primis adottando strategie omnicanale orientate verso una maggiore integrazione tra piattaforme online e fisiche e l’uso delle tecnologie. Solo per fare qualche esempio per meglio rendere l’idea: dalla localizzazione di prodotti ai camerini virtuali, dal chiosco interattivo ai codici QR, dagli sms virtuali ai punti di ritiro). 

Cosa riserva il futuro della smart economy in questo panorama tecnologico in rapida evoluzione? L’ultimo report di BIP sul tema fa luce sulla traiettoria intrapresa dal retail e indaga le abitudini di acquisto e di pagamento predominanti dei consumatori. Dall’analisi emerge uno sguardo positivo verso il futuro dello shopping e dei pagamenti, grazie soprattutto all’integrazione delle tecnologie digitali. I consumatori si aspettano che le tecnologie li aiutino a fare acquisti rapidi ovunque si trovino; a testare e sperimentare i prodotti prima dell’acquisto sui canali digitali, senza uscire di casa; a ricevere suggerimenti su prodotti e servizi in linea con le proprie preferenze; e a effettuare pagamenti con metodi innovativi (AI, robot, realtà virtuale). 

L’ascesa degli agenti di shopping virtuali 

Nel contesto appena descritto trova terreno fertile una nuova generazione di servizi e di esperienze basate sulla diffusione di tecnologie avanzate, abilitate dall’intelligenza artificiale. L’adozione di tecnologie AI permetterà ai retailer di offrire esperienze di acquisto altamente personalizzate e consentirà di prevedere le preferenze degli utenti e offrire loro raccomandazioni su misura. Gli agenti AI sono sistemi invisibili progettati per eseguire autonomamente compiti per conto delle persone. Si tratta di una sorta di assistenti personali che lavorano in background e che accedono ai servizi per conto nostro e si fanno carico di svolgere mansioni complesse o ripetitive. Come fossero dei soggetti a cui delegare l’intero processo, gli agenti AI comprendono il linguaggio naturale, prendono decisioni in modo autonomo, impostano obiettivi e si connettono a sistemi terzi usando plugin avanzati. Le AI gestiscono in modo indipendente l’interazione con i nostri device (smartphone, pc o dispositivi indossabili) e anticipano i bisogni delle persone. Ovviamente diventa però necessario l’accesso totale ai dati personali (comportamentali, contestuali, demografici, di preferenza, transazionali, sensoriali). 

Il retail sta dunque attraversando una trasformazione senza precedenti, guidata dai cambiamenti tecnologici, dalle sempre più elevate aspettative dei consumatori e dalle sfide economiche globali. Le tendenze emergenti delineano uno scenario in cui l’evoluzione dei modelli di acquisto va nella direzione di e-commerce personalizzati, integrazione omnicanale, uso dell’AI e analisi avanzata. I consumatori desiderano un’esperienza seamless attraverso vari canali, inclusi web, app mobile, social media e negozi fisici. Anche i motori di ricerca continuano a svolgere un ruolo cruciale, specie nel confrontare prezzi e leggere recensioni, ma la transazione finale si conclude poi sui siti dei retailer o attraverso app dedicate. 

Per fare un esempio finalizzato a una migliore comprensione di cosa sia un’esperienza seamless, immaginiamo l’agente AI come una sorta di personal shopper dalle grandi capacità, che affianca o sostituisce l’utente nel corso del processo di selezione e acquisto. Come? Avendo pieno accesso alle wishlist dell’utente, l’agente AI userà la geolocalizzazione per verificare se gli articoli desiderati sono in offerta nelle vicinanze e, rilevata un’offerta in un negozio della zona, invierà una notifica all’utente per completare l’acquisto tramite app e organizzare il ritiro in negozio. Al tempo stesso, l’AI – che ha accesso anche alla situazione finanziaria dell’utente – prenderà in considerazione solo i beni che può effettivamente permettersi, e per i quali magari ha impostato un obiettivo di risparmio dedicato. 

In questo scenario, l’integrazione tra hub virtuali e negozi fisici impone di ripensare e rimodellare gli spazi urbani per meglio adattarli alle nuove proposte di retail, la cui flessibilità diventa conditio sine qua non. La pianificazione urbana deve considerare l’integrazione di spazi multifunzionali che combinino residenza, lavoro e retail, creando un ecosistema che favorisca la vivibilità e l’interazione sociale. In questo ambiente, il concetto di prossimità si distingue per essere un fattore chiave nella configurazione dei nuovi spazi. I residenti devono poter accedere facilmente ai servizi di retail entro brevi distanze, favorendo così sostenibilità e convenienza. Emergeranno in misura crescente nuove forme di negozi ibridi che integrano il fisico e il digitale, come i dark store, i negozi pop-up, le vetrine interattive, i click and collect, i pick-up point e i negozi senza cassa. 

Il cambio di approccio non riguarda solo il modo in cui le persone fanno acquisti, ma anche il modo in cui le persone pagano. Ai consumatori viene offerta più di una modalità, dai nuovi metodi di pagamento alle nuove forme di disponibilità di credito (come il Buy now, pay later). Altro punto di forza sono i portafogli digitali (e-wallet), sempre più usati a livello mondiale, sia nei negozi online che in quelli fisici. Tutti strumenti che assicurano processi sicuri, veloci e costanti. Cambiano dunque anche i modelli di business esistenti: se l’open banking è oggi una realtà consolidata in diversi Paesi, l’innesto di soluzioni di agentive AI rende le banche un vero e proprio hub su cui l’utente può sperimentare un’esperienza integrata. 

Da banca a lifestyle company 

Le banche, per come noi le conosciamo, stanno pian piano cambiando veste per evolvere verso lifestyle companies. In questo nuovo modello, l’attenzione si sposta dalla semplice fornitura di servizi finanziari a un’integrazione più ampia di tutto ciò che concerne gli aspetti economici della vita dei consumatori. Si tratta di entità invisibili che si servono di tutti i dati transazionali per creare esperienze personalizzate, anticipando le esigenze degli utenti e proponendo soluzioni su misura, grazie all’ampia gamma di servizi integrati offerti. Non a caso, tra gli obiettivi più nobili di questo nuovo modello di banca c’è quello di costruire una migliore customer experience: più veloce, più sicura e più avanzata. 

In questo contesto, le tecnologie AI stanno già rivoluzionando le modalità di pagamento. Analizzando una vasta gamma di dati personali e contestuali in tempo reale, semplificano il processo decisionale e offrono soluzioni ottimali, basate sulle finanze personali e sulle abitudini di spesa degli utenti. Tutto ciò che occorre è un paio di tap sullo smartphone. Anche nel caso in cui ci si debba misurare con l’acquisto di beni costosi come auto o case, l’AI può semplificare il processo decisionale, riducendo al minimo lo stress e la complessità associati a queste decisioni finanziarie significative. Come? Per esempio può analizzare le opzioni finanziarie, suggerire piani di pagamento sostenibili e interagire con altre AI per recuperare configurazioni avanzate e offerte di finanziamento personalizzate. 

La banca invisibile  

In ambito retail, la tecnologia porta a un uso sempre più trasparente delle funzionalità tradizionali. La banca diventa un soggetto abilitante invisibile e il focus si sposta sull’erogazione di servizi finanziari e non, più che sulla fornitura di prodotti. Fattore decisivo diventa dunque la capacità degli istituti di avere un’offerta di servizi integrati con accesso unico, garantito dalla sicurezza. È il concetto di “embedded finance”, che si riferisce all’integrazione della più ampia gamma possibile di servizi in aziende che offrono ai loro utenti e-commerce, assicurazione sanitaria, istruzione, trasporti, intrattenimento e altro. Una tendenza che consente ai consumatori di avere accesso a soluzioni finanziarie personalizzate, agili e convenienti, nello stesso ambiente digitale in cui svolgono altre attività, senza la necessità di ricorrere a intermediari tradizionali come banche, compagnie di assicurazione o broker.  

L’AI gioca un ruolo cruciale in questo scenario, analizzando dati per offrire servizi personalizzati, automatizzare processi e migliorare l’esperienza dell’utente. Entro il 2030, la banca potrebbe dunque diventare un’entità invisibile, integrata perfettamente nello stile di vita digitale e connesso delle persone. Numerosi sono gli effetti positivi prodotti dalla embedded finance: inclusione finanziaria, democratizzazione dell’accesso ai servizi finanziari, incentivo e stimolo all’innovazione, alla competizione e alla diversificazione, con la conseguenza di creare un ecosistema finanziario più aperto, dinamico e collaborativo. Così facendo si rafforza anche la fiducia, la trasparenza e la sicurezza dell’utente, al quale vengono offerti servizi finanziari che rispettano la privacy, l’integrità e l’autonomia. 

Sfide e rischi 

Nel delineare il futuro delle esperienze d’acquisto, l’AI gioca un ruolo cruciale. La sua capacità di analizzare in tempo reale vasti dataset e di adattarsi alle esigenze individuali promette di rivoluzionare il modo in cui i consumatori interagiscono con il retail. Ogni esperienza di acquisto sarà dunque personalizzata, predittiva e senza frizioni. Una visione accattivante ma non esente da potenziali problemi, rischi etici e sociali. Per cominciare, potrebbero venire a crearsi nuovi monopoli e oligopoli per via delle numerose insidie contenute nell’atto di delegare la scelta ad agenti AI.  

Ecco un esempio per meglio comprendere una delle situazioni che potrebbero verificarsi. Si immagini di rivolgersi a Gemini (l’intelligenza artificiale di Google) per manifestare l’intenzione di cambiare fornitore d’energia o operatore telefonico. I primi tre risultati potrebbero non essere i più convenienti, bensì potrebbe trattarsi delle società che investono in sponsorizzazioni per aggiudicarsi una migliore ottimizzazione dei risultati che compaiono sul motore di ricerca. Allo stesso tempo però al cliente potrebbe non interessare, purché i risultati della ricerca rispettino le caratteristiche evidenziate in fase di richiesta. Ciò significa che viene esclusa tutta una fetta di mercato di cui il cliente non verrà mai a conoscenza e dunque non sarà messo nella posizione di effettuare la sua scelta in modo critico e consapevole, sulla base di informazioni complete e rappresentative del pluralismo di fornitori o operatori presente effettivamente nella realtà. Un problema che ha origine nel momento in cui si decide di delegare la scelta a un virtual agent 

Ma i rischi non finiscono qui. La personalizzazione estrema, se non gestita con attenzione, potrebbe esacerbare le disuguaglianze, accentuando il divario tra coloro che hanno accesso a tecnologie avanzate e coloro che ne sono esclusi. L’uso massiccio di dati personali inoltre solleva preoccupazioni riguardo a privacy e sicurezza. È fondamentale che le aziende adottino pratiche trasparenti e responsabili, garantendo che i dati dei consumatori siano protetti e usati in modo etico, e che non vengano introdotti bias discriminatori nell’addestrare le AI, altro pericoloso rischio.  

L’automazione delle esperienze d’acquisto potrebbe poi modificare pesantemente lo scenario occupazionale nel retail. Come è noto, se le tecnologie emergenti creano nuove opportunità, rischiano anche di rendere obsolete molte professioni tradizionali. Servirà dunque un impegno per la riqualificazione della forza lavoro e per l’adozione di politiche che promuovano l’inclusione digitale. In definitiva, la tecnologia deve essere vista non solo come uno strumento di efficienza ma come un mezzo per migliorare il benessere sociale, riducendo le barriere e promuovendo l’equità. 

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