Le smart cities non sono un trend, ma una necessità per il nostro futuro. Ripensare le città applicando tecnologie moderne, integrando innovazioni come smart building e smart solutions per la gestione dei rifiuti, concependo servizi per il cittadino sviluppati intorno a criteri di prossimità, disegnando concretamente reti di micromobilità elettrica in sharing, spazi verdi per la socializzazione e il wellbeing psicofisico e altre soluzioni intelligenti sembra essere oggi tra i bisogni sociali primari della cittadinanza e tra le priorità più urgenti per chi governa. Alla luce della rapidità con cui è mutato il mondo negli ultimi anni a causa di situazioni critiche ed emergenziali come la pandemia da Coronavirus, gli effetti del climate change e dell’inquinamento, l’acuirsi delle disuguaglianze sociali ed economiche – anche come ripercussione dei conflitti in corso -, riqualificare le vecchie aree urbane e riprogettare gli spazi cittadini in modo intelligente e innovativo sta velocemente diventando la missione principale degli amministratori locali per accrescere la qualità della vita dei cittadini e ottimizzare la gestione delle infrastrutture urbane.
Gli impatti socio-economici sulle città durante e dopo il Covid sono stati particolarmenti violenti e hanno lasciato sul terreno ferite per certi versi non sanabili, tra lockdown che hanno paralizzato le attività economiche, crescenti disuguaglianze nella collettività e numeri record di disoccupazione in tutto il mondo. Un fenomeno inedito e dalle proporzioni enormi, che ha condotto alla necessità di ripensare radicalmente la struttura delle nostre città. Questo scenario apocalittico ha portato a riconsiderare con maggiore lungimiranza il concetto, proposto inizialmente nel 2016 dall’urbanista franco colombiano Carlos Moreno, della cosiddetta “città dei 15 minuti“. Un modello che pone la persona al centro e che offre una nuova prospettiva di “crono-urbanismo” basata sulla progettazione dei centri urbani in modo che i cittadini possano accedere a tutto ciò di cui hanno bisogno in un tempo massimo di 15 minuti da casa, percorsi a piedi o con mezzi di mobilità sostenibile.
Un paradigma che va di pari passo con le caratteristiche della smart city ed è in linea con uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU – il numero 11 – che mira entro il 2030 a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. Un concetto che sposa anche la filosofia delle città sensibili, flessibili e socievoli dell’urbanista Carlo Ratti e quella della costruzione di tessuti urbani più umani, delineata da Christopher Alexander, architetto austriaco che ha posto le basi per una nuova teoria di design urbano, per un’architettura, un’edilizia e una pianificazione più intelligente. In particolare, il suo libro A pattern language. Towns, buildings, construction descrive un sistema architettonico in modo scientifico, attraverso oltre 200 pattern che risolvono i problemi comuni delle città. Nell’opera, Alexander definisce la vecchia periferia dei centri urbani come “una forma obsoleta e contraddittoria di insediamento umano”.
L’obiettivo numero 11 dell’agenda 2030 dell’ONU
“Le città sono il motore delle economie locali e nazionali e rappresentano il fulcro del benessere”. Da questo assunto parte l’ONU per tentare di inquadrare il potenziale infinito che gira intorno ai centri urbani oggi e le grandi sfide con cui è necessario che l’uomo si misuri. Oltre l’80% delle attività economiche globali è in effetti concentrato nelle città che, come noto, hanno un’impronta ecologica mostruosa: pur occupando solo il 3% della superficie terrestre, consumano tre quarti delle risorse globali e sono responsabili del 75% delle emissioni di gas.
Tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’ONU nella famosa Agenda 2030, il numero 11 mira a ridurre l’inquinamento e in generale l’impatto ambientale negativo prodotto dalle città, specie per quanto riguarda la qualità dell’aria e la gestione dei rifiuti, e sancisce il principio secondo cui lo sviluppo urbano dovrà essere più inclusivo e sostenibile. Inoltre, dovranno essere assicurati spazi abitativi adeguati e sistemi di trasporti sicuri ed economici, e dovrà essere garantito l’accesso universale a superfici verdi e spazi pubblici sicuri e inclusivi, con particolare attenzione ai bisogni di coloro che sono più vulnerabili (donne, bambini, persone con disabilità e anziani). L’obiettivo numero 11 si concentra poi sul garantire a tutti l’accesso ai servizi essenziali e sul riqualificare i quartieri poveri delle città. In definitiva, si parla dunque di “potenziare un’urbanizzazione inclusiva e sostenibile” e della capacità di “pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano che sia partecipativo, integrato e sostenibile”.
Una parentesi è poi dedicata alle catastrofi naturali. Il goal numero 11 dell’ONU chiede ai paesi un impegno concreto a “ridurre in modo significativo il numero di decessi e il numero di persone colpite, diminuire in modo sostanziale le perdite economiche dirette rispetto al Pil globale causate da calamità, comprese quelle legate all’acqua, con particolare riguardo alla protezione dei poveri e delle persone più vulnerabili”. Lo scopo è dunque quello di “attuare politiche integrate e piani tesi all’inclusione, all’efficienza delle risorse, alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla resistenza ai disastri”, che promuovano e attuino “una gestione olistica del rischio di disastri su tutti i livelli, in linea con il Quadro di Sendai per la riduzione del rischio di disastri 2015-2030”.
L’avvento degli smart building e la riprogettazione degli spazi condivisi
Dal secondo dopoguerra in avanti, l’organizzazione sociale delle città è stata basata in gran parte sul ruolo predominante delle automobili che ha inciso in modo cruciale sulla conformazione urbana tra strade, autostrade e infrastrutture. Alla luce dei cambiamenti conosciuti negli ultimi anni, non è più rinviabile il momento di ripensare le nostre città per meglio adattarle ai bisogni di chi le abita. Gli spazi urbani devono evolvere fronteggiando le attuali sfide globali con nuove soluzioni. Devono essere riprogettati tramite una rivoluzione che abbracci tecnologia e sostenibilità, all’insegna di un abitare più sicuro, connesso e confortevole. La rigenerazione urbana passa attraverso un’urbanistica intelligente, che si basa sull’importanza dell’edilizia sostenibile e della logistica urbana (smart building, nuove soluzioni per la gestione dei rifiuti, ottimizzazione delle risorse idriche urbane, reti elettriche intelligenti), della presenza prossima di servizi indispensabili, di aree verdi e di spazi pubblici accessibili universalmente. In questo quadro, l’agenda 2030 dell’ONU chiede di supportare i paesi meno sviluppati, anche con assistenza tecnica e finanziaria, nel costruire edifici sostenibili e resilienti, utilizzando materiali locali. La gestione efficiente delle risorse diventa la base dello sviluppo urbano sostenibile. Le tecnologie intelligenti consentono l’ottimizzazione del consumo di risorse, riducendo i costi e minimizzando l’impatto ambientale negativo.
Dopo la Cop 21, svoltasi nel 2015 a Parigi, molti leader di Stato e governo e amministratori locali hanno – forse per la prima volta – compreso a fondo quanto fosse necessario cambiare il nostro stile di vita, a causa del traffico, dell’inquinamento, del tempo sprecato su strada lungo il tragitto casa-lavoro o casa-servizi essenziali. È diventato chiaro che la priorità fosse cambiare la forma delle nostre città, ridisegnare gli spazi urbani in modo più intelligente, adattandoli ai bisogni emersi coi cambiamenti sperimentati negli ultimi anni. Nel 2020 il Covid-19 ha impresso un’accelerazione a questa necessità. Anzitutto perché ha cambiato radicalmente il nostro modo di lavorare, imponendo un modello per la gran parte della collettività del tutto inedito. Milioni di persone si sono dovute adattare alle nuove condizioni e hanno reinventato il loro modus operandi, anche grazie alle moderne tecnologie e alle connessioni stabili. La casa è divenuto il luogo di lavoro di elezione per lo smart working e il proprio centro abitato – talvolta dislocato in aree meno popolate e sviluppate delle metropoli – lo spazio in cui soddisfare tutti i bisogni primari e non, dall’assistenza sanitaria alle esigenze di socializzazione. E proprio qui moltissimi centri si sono mostrati in tutte le loro carenze e nell’esigenza dunque di essere ridisegnati ex novo.
Gli smart urban spaces tengono conto di una lunga serie di caratteristiche e fenomeni, di dinamiche e bisogni della cittadinanza con lo scopo di migliorare la qualità della vita di tutti. Non a caso, nelle smart cities il livello di soddisfazione per lo stile di vita condotto è più elevato perché soluzioni intelligenti come, per esempio, una rete di trasporto pubblico innovativa e infrastrutture di qualità per la mobilità sostenibile in sharing sono elementi che contribuiscono a migliorare la quotidianità dei residenti. L’uso dell’Internet of Things, dell’intelligenza artificiale e dell’analisi dei dati per avere informazioni sempre aggiornate sulle infrastrutture urbane e sul comportamento dei cittadini contribuisce a creare ambienti urbani più sicuri e sostenibili.
Per esempio, visto l’aumento degli eventi meteorologici estremi a causa del cambiamento climatico, l’uso di sensori intelligenti unitamente all’analisi dei dati raccolti può rispondere in modo più efficace nella gestione delle emergenze e mitigare le conseguenze di questo fenomeno irreversibile. Le tecnologie intelligenti nelle smart cities comprendono anche modelli innovativi per la gestione dei rifiuti, il monitoraggio della qualità dell’aria, la gestione del consumo energetico degli edifici, i sistemi di sicurezza e le reti innovative di trasporto pubblico che – se ottimizzate – diminuiscono i tempi di percorrenza e di permanenza nel traffico con una conseguente riduzione dell’emissione di sostanze nocive nell’atmosfera. In questi smart urban spaces, dispositivi come semafori, sensori di sicurezza intelligenti, telecamere di videosorveglianza, algoritmi di riconoscimento, contatori dell’elettricità e dell’acqua sono tutti collegati e connessi a un hub unificato che consente un monitoraggio centralizzato. Tutte componenti che interagiscono scambiandosi informazioni in modo collaborativo e reagendo ai cambiamenti in tempo reale. I dati così raccolti serviranno poi per la direzione logistica della rete urbana, per esempio per ottimizzare il traffico sulle reti stradali, per garantire la sicurezza, per gestire l’illuminazione e ottimizzare il consumo energetico, per migliorare la sostenibilità delle infrastrutture e, in generale, per l’efficientamento delle risorse.
Oltre allo straordinario ruolo svolto dalle moderne tecnologie, centri urbani intelligenti devono essere ridisegnati prevedendo la presenza degli spazi verdi urbani che hanno il potenziale – certificato – di avere un significativo impatto positivo sulle città e sulle persone che ci vivono, sia per il miglioramento del benessere psicofisico sia per il fatto di rappresentare un prezioso polmone verde in mezzo all’urbe, oltre che per le svariate opportunità di socializzazione in un’epoca in cui la solitudine esasperata – anche causa Covid – ha portato buona parte della popolazione a esperire impatti negativi sul proprio stato di salute mentale.