La space economy rappresenta la nuova frontiera dell’economia globale con una miriade di opportunità e di sfide strategiche per tutto il comparto di riferimento, diretto e indiretto. Il 2024 è stato un anno cruciale per la politica spaziale europea e ha rappresentato probabilmente uno spartiacque per tutti gli attori coinvolti facenti capo a diversi settori. Questo a causa di una serie di ragioni fondamentali. A cominciare dall’insediamento dei nuovi Parlamento europeo e Commissione europea che hanno avviato la definizione del Multiannual Financial Framework (MFF), un processo che definirà con esattezza le risorse essenziali che dovranno essere rese disponibili per il programma spaziale europeo e per le sue future componenti, da qui al 2034. Allo stesso tempo, l’Agenzia Spaziale Europea sta ponendo le basi per un appuntamento cruciale: la Conferenza ministeriale 2025, evento durante il quale i ministri dei paesi membri dell’Unione europea prenderanno decisioni significative per il finanziamento delle missioni aerospaziali e dei programmi comuni.
Un manifesto per l’economia dello spazio
Il mese di settembre, in particolare, ha rappresentato un momento determinante per la strategia italiana con la pubblicazione del Manifesto nazionale per la space economy. Ufficialmente chiamato “Patto per l’economia dello spazio”, questo manifesto è stato messo a punto a conclusione dei lavori degli Stati generali della space economy (11 – 12 settembre, Torino – Milano) e si fonda su otto pilastri fondamentali:
- rafforzare la propria posizione nell’ambito delle politiche europee dello spazio;
- sostenere le regioni e i distretti aerospaziali come motore della space economy;
- favorire investimenti e finanziamenti nella space economy;
- sostenere la formazione del capitale umano per lo sviluppo dell’industria e dei servizi in ambito spaziale;
- sfruttare tutte le potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata in sicurezza alla space economy;
- proteggere le infrastrutture spaziali italiane e garantire l’autonomia strategica del Paese per l’accesso e l’uso sicuro dello spazio;
- favorire l’accesso alle opportunità della space economy anche alle aziende non-space;
- promuovere la sostenibilità della space economy.
Gli Stati generali della space economy hanno peraltro anticipato lo IAC 2024, l’International Astronautical Congress 2024, la più importante conferenza mondiale sullo spazio che quest’anno si tiene a Milano dal 14 al 18 ottobre.
Il giro d’affari
L’era commerciale dello spazio è entrata nel vivo e i numeri sono più che promettenti. L’attuale valore della space economy a livello mondiale è pari a 570 miliardi di dollari. Ma il potenziale intrinseco per il mercato di riferimento e per le attività connesse è, al momento, senza eguali. Le stime diffuse nel corso dell’ultimo World Economic Forum sono decisamente ottimistiche e indicano che il valore del settore toccherà i 1.800 miliardi nel giro di dieci anni. Nella sola Italia, Paese da sempre in prima linea nella corsa allo spazio, il valore della space economy è per ora di circa 17 miliardi di euro, con un coinvolgimento di circa 230mila addetti ai lavori.
La posizione dell’Italia
L’Italia è storicamente dotata di una solida base industriale nel settore aerospaziale. Come ricordato nel corso degli Stati generali della space economy, il nostro Paese vanta una forte e consolidata tradizione nel campo spaziale e un posizionamento di assoluta eccellenza lungo tutta la catena del valore, dalle infrastrutture ai servizi, e in tutti i domini applicativi e di operazioni principali, quali l’osservazione della terra, l’esplorazione spaziale, la navigazione satellitare, le telecomunicazioni governative sicure e l’accesso allo spazio. Questo posizionamento di primo piano consente all’Italia di essere uno dei pochi Paesi in Europa e al mondo con capacità spaziali complete, per concepire e realizzare una missione, operare con gli assetti spaziali in orbita, erogare servizi destinati a creare valore aggiunto.
Per tutte queste ragioni, l’Italia sta mirando a dotarsi – anticipando gli altri Paesi europei – della prima legge quadro nazionale sulla space economy per regolamentare un settore che, nei piani del governo, dovrà essere un pilastro vitale per lo sviluppo del Paese. Lo scorso giugno, il Consiglio dei ministri – su proposta del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con delega alle politiche spaziali e aerospaziali – ha infatti approvato un Ddl che introduce “disposizioni in materia di economia dello spazio”. La proposta di legge, che sarà presto presentata al Parlamento, ha l’obiettivo di regolamentare l’ingresso di operatori privati, promuovere investimenti e migliorare la competitività nazionale in questo campo, con uno sguardo attento all’accesso delle piccole e medie imprese ai contratti pubblici del settore spaziale e aerospaziale.
Il provvedimento tenta dunque per la prima volta di fare chiarezza sulle regole da seguire per le imprese private che operano nell’ambito della space economy, offrendo un certo grado di tutela e promuovendo al contempo la crescita economica, grazie all’introduzione di un piano nazionale per l’economia dello spazio. Lo scopo ultimo è in definitiva quello di rafforzare la posizione dell’Italia nella space economy europea e globale, come recita il primo pilastro del manifesto. Frutto di mesi di concertazione coi principali attori pubblici e privati, la legge quadro offre una serie di regole che possono tradursi in concrete opportunità per i players in un comparto che – spiega il ministero delle Imprese – rappresenta “il futuro dell’industria e una delle principali traiettorie di sviluppo dell’economia mondiale”. “L’Italia crede nello spazio – sono le parole di Urso – e la sua leadership nel settore ha radici lontane”.
In particolare, a supporto del settore, con la legge quadro viene istituito un Fondo per la space economy con carattere pluriennale, che mira a promuovere le attività di economia spaziale, favorendo la crescita del mercato di prodotti e servizi innovativi. Le risorse che sono state collocate dal governo nel comparto spaziale ammontano a 7 miliardi e 300 milioni di euro tra fondi PNRR, fondi nazionali e fondi attribuiti all’Agenzia spaziale europea e all’Agenzia spaziale italiana, da qui al 2026. Parallelamente, è stato introdotto il piano nazionale per l’economia dello spazio, un prezioso strumento aggiornato con cadenza biennale, redatto con un orizzonte di almeno 5 anni, che contiene una serie di elementi utili a promuovere l’economia del settore.
L’Italia è dunque al centro delle politiche spaziali Ue. Il nostro Paese ha consolidato un ruolo centrale grazie alla sua governance trasversale e agli investimenti continui. È stato uno dei Paesi fondatori dell’Agenzia spaziale europea, è il terzo finanziatore (dopo Francia e Germania) dei programmi di maggior importanza dell’ESA e, a livello mondiale, si colloca tra la sesta e la settima posizione, tra i Paesi che nello spazio investono risorse importanti a livello istituzionale.
Budget ESA 2024 – grafico con finanziamenti dei paesi europei
Il ruolo dell’intelligenza artificiale
Nel corso degli Stati generali dello scorso settembre, una parte importante dei lavori è stata dedicata a quelli che si ritiene siano gli elementi cardine a supporto della space economy made in Italy. A partire dagli investimenti sulla formazione del capitale umano, per allargare l’accesso agli studi STEM, fino ad arrivare alla cybersicurezza come “elemento critico per proteggere le infrastrutture spaziali italiane e garantire l’autonomia strategica del Paese”, passando poi per i principi di sostenibilità da rispettare in orbita, per il coinvolgimento di aziende non-space (che non operano direttamente nel settore spaziale) e per le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale. Il tema dell’uso dell’AI nelle applicazioni spaziali ha, in particolare, destato grande interesse visto il potenziale – inedito – di influenzare il futuro del settore, favorendo uno sviluppo sostenibile e competitivo della space economy italiana.
Al tavolo sulle nuove tecnologie si è dunque cominciato a discutere di come l’integrazione con l’AI impatterà nelle diverse applicazioni delle tecnologie spaziali. Per esempio, attraverso l’analisi dei dati satellitari, l’automazione dei veicoli spaziali e la gestione dei rischi nello spazio. Sono quindi state esaminate le potenziali innovazioni tecnologiche e le opportunità economiche derivanti dall’uso dell’intelligenza artificiale nell’economia dello spazio, un impiego che si traduce in un volano incredibile per tutto il settore. L’AI, l’HPC (High Performance Computing) e lo Space Cloud rappresentano risorse strategiche per accelerare lo sviluppo della space economy. Il manifesto degli Stati generali conclude dunque che occorre “stabilire azioni concrete in questo settore per integrare efficacemente l’AI supportata da capacità di calcolo ad altissime prestazioni, tecnologie digitali avanzate, soluzioni cloud based, con un approccio che garantisca sicurezza, autonomia e sostenibilità delle operazioni spaziali”.
Perché entrare nella space economy?
Come appurato dai numeri snocciolati nel corso di questo articolo, siamo davanti a un mercato in crescita esponenziale. Secondo i più accreditati esperti del settore, la space economy rappresenta il futuro dell’industria ed è senza dubbio tra i principali pilastri per lo sviluppo dell’economia mondiale. Si tratta di un comparto oggi promettente come nessun altro, che attrae sempre più investimenti, in cui l’Italia si è peraltro già distinta come eccellenza, grazie al ruolo di spicco che si è guadagnata nella corsa allo spazio negli ultimi anni, tra ricerca e applicazione. Da qui la miriade di grandi opportunità per gli attori privati che vogliano lanciarsi in un mercato dal potenziale inesplorato.
Tra i pilastri del manifesto pubblicato a conclusione dei lavori degli Stati generali della space economy, ve n’è uno relativo al potenziamento del settore privato attraverso strumenti finanziari innovativi e partenariati pubblico-privati. La ricetta per il successo italiano nel settore – ne sono convinti gli esperti in materia – consiste nel promuovere un maggiore investimento privato rinforzando il contributo pubblico. In questo contesto si inseriscono le nuove opportunità di finanziamento contenute nella legge quadro sulla space economy per agevolare l’accesso di PMI e start up ai contratti pubblici. Sono previste norme speciali in materia di appalti, per promuovere le attività e le tecnologie aerospaziali.
Come ha spiegato il ministro Urso, “con questa legge quadro, si crea tutto il processo ordinamentale per poter operare, dall’Italia e fuori dall’Italia. E oltre a questo vi è un fondo che servirà alle piccole e medie imprese per poter avere risorse per i progetti che intendono realizzare. Noi sappiamo che il nostro Paese sarà protagonista in tema di spazio – ha concluso – e abbiamo il dovere di regolamentare quello che accade”. Lo spazio sta dunque rapidamente diventando un business accattivante, con un’estensione internazionale, che può coinvolgere una lunga serie di attività collegate, offrendo infinite opportunità alle aziende che vogliano operare in questa economia.
Il manifesto insiste non a caso sul mettere in atto tutte le azioni necessarie a favorire l’accesso alle opportunità della space economy anche per le aziende non-space, ovvero realtà che operano in settori non tradizionalmente legati allo spazio, sfruttando a pieno le opportunità di creare sinergie derivanti dal settore spaziale e spingendo in questo modo l’innovazione e la crescita economica.
Quali opportunità per le imprese?
Attualmente i segmenti spaziali di maggiore interesse sono tre: il mondo dell’osservazione della terra, quello del posizionamento e quello delle telecomunicazioni. Come ricorda Roberto Battiston, già presidente dell’Agenzia spaziale italiana, nel suo libro Fare spazio, da alcuni anni a questa parte “sono stati messi in orbita oltre un centinaio di nanosatelliti che possono osservare complessivamente tutta la Terra una volta al giorno ovunque. Questo è di un’importanza assoluta perché ora in qualsiasi luogo, ogni giorno, si ha la certezza di avere un’informazione aggiornata e si possono osservare, in modo sicuro e garantito, i processi che avvengono su scala quotidiana: dalla misura delle riserve idriche, alle riserve degli idrocarburi e delle raffinerie, dal consumo di potenza istantanea delle centrali termoelettriche al traffico nei porti, nei parcheggi, sulle autostrade”.
Si tratta di informazioni strategiche per tantissimi players. Le applicazioni nei vari settori tecnologici connessi alla space economy sono potenzialmente infinite, e vanno dall’energia ai trasporti, dall’ambiente all’agricoltura. Particolarmente interessanti sono poi gli ambiti connessi alla blue economy in quanto l’Italia è un paese circondato dal mare (porti, logistica, isole, fauna marina, inquinamento, navi da crociera, navi merci). Per fare qualche esempio specifico, esistono società che sono sempre più interessate ad attori spaziali con competenze spendibili anche sulla Terra per scopi ambientali come la diminuzione dell’impronta di CO2 dall’industria energivora o da quella dell’acciaio. Altri esempi vengono poi dalle attività legate alla sicurezza, alla meteorologia, all’agricoltura di precisione, al controllo della temperatura degli oceani.
Ma i dati di derivazione spaziale possono essere utili a una miriade di attività cruciali: il monitoraggio delle infrastrutture critiche per il funzionamento della società moderna (come ponti e strade), la tutela di beni storici, artistici e culturali in potenziale pericolo (come Pompei o la Torre di Pisa), lo space mining e l’industria mineraria spaziale, il settore oil & gas, il monitoraggio della qualità dell’acqua e dei pesci allevati in mare, la previsione degli eventi atmosferici emergenziali, il monitoraggio della mobilità, della qualità dell’aria e dell’inquinamento, la protezione dell’ecosistema e del verde, l’identificazione di cammini storici in ambito turistico per ravvivare l’economia di borghi antichi dimenticati.
Inoltre, come ricorda la legge quadro sulla space economy, tra i settori non-space che possono svolgere attività correlate c’è anche quello delle assicurazioni. La normativa disciplina infatti l’eventualità di incidenti nello spazio e impone agli operatori autorizzati di stipulare contratti di assicurazione a copertura dei danni derivanti dall’attività spaziale, con un massimale pari a 100 milioni di euro per episodio. Insomma, gli esperti osservatori del settore sono pronti a scommettere che le opportunità maggiori per la space economy arriveranno proprio dalle attività collaterali, definite “picks and shovels”, ossia tutte quelle attività che non sono direttamente coinvolte nel cuore di un business ma lo supportano.