La fantascienza si interroga da sempre sul futuro dell’umanità. Il come vivremo nei prossimi secoli è qualcosa che ormai abbiamo declinato in molteplici scenari, dai migliori ai peggiori. Abbiamo immaginato società future utopiche, in mondi senza sprechi e senza diseguaglianze, e società future distopiche, con la fine di ciò che conosciamo a causa del cambiamento climatico.
Dove l’immaginario fallisce, però, entra in gioco la scienza. Alcune cose sono innegabili: il consumo non più sostenibile di ogni risorsa del nostro Pianeta; il climate change; la grande spinta del progresso tecnologico verso ogni settore. Ecco, è da quest’ultimo punto occorre partire, guardando alla digitalizzazione come alla pietra angolare dell’evoluzione della nostra società.
Scientificamente lo sappiamo: non raggiungeremo mai quella società utopica che con così tanto amore abbiamo disegnato. Ma, d’altro canto, siamo sicuri che non potrà mai esistere neppure quella società distopica che tanto ci spaventa.
Il presente ci offre una strada a metà, una protopia, ossia “uno Stato che è meglio oggi di ieri, anche solo se di poco”, la definisce il coniatore del termine Kevin Kelly, teorico del futurismo digitale. “La protopia è molto, molto difficile da visualizzare perché contiene così tanti nuovi problemi e nuovi benefici che la complessa interazione tra ciò che funziona e ciò che non funziona risulta davvero difficile da prevedere.”
Abbiamo chiamato questa protopia Hyper Smart Society, la società 5.0, divisa tra rischi e opportunità della transizione digitale. Grazie alla tecnologia l’umanità potrebbe essere in grado di fare quell’upgrade necessario per adattarsi ai grandi cambiamenti in atto, ma occorre saper gestire i rischi finanziari e di potere legati al possesso delle tecnologie, legati all’uso dei dati personali e alla privacy, ai nuovi dilemmi etici.
Mitigare i rischi è un lavoro a cui sono chiamate tre entità: la politica, i singoli individui e le organizzazioni. Qualcosa di possibile, da applicare ad ognuno dei sei pillar della società che stiamo costruendo: Smart People, Smart Governance, Smart Economy, Smart Living, Smart Mobility e infine Smart Environment.
Smart Economy: di mercati digitali e cittadini poco formati
Sempre più, nei prossimi anni, l’economia e il commercio urbano saranno guidati dall’innovazione tecnologica. I primi momenti di questa evoluzione li stiamo già sperimentando: viviamo infatti la grande opportunità di una vasta offerta digitale e, al tempo stesso, del grande rischio della complessità che ne deriva.
Per una transazione digitale abbiamo infatti molteplici portali, molteplici fornitori, molteplici account e altrettante registrazioni e modalità di pagamento. Qualcosa di non così semplice da gestire, soprattutto alla luce di una popolazione con ancora scarse competenze digitali: gli ultimi dati Istat fotografano infatti l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa per competenze digitali di base della popolazione.
Una soluzione per risolvere il problema della complessità potrebbe arrivare dall’intelligenza artificiale e dall’agentive ai, un personal agent creato ad hoc per interfacciarsi con altri bot, permettendo dunque all’utente di effettuare un unico accesso digitale per ogni tipo di pagamento.
Il difetto di questo strumento è che, a fronte di esigenze comuni a diverse tipologie di utenti, la proposta economica suggerita sarà sempre la stessa. Per evitare il rischio di oligopoli o monopoli sarà dunque necessario un’operazione di trasparenza sulle modalità di scelta delle soluzioni e il ricorso, il meno possibile, a ricerche standardizzate.
Smart Mobility: il cambio necessario di mindset dal possesso ai servizi
C’era una volta l’automobile come status sociale di una persona. Fortunatamente i tempi cambiano e con essi anche la nostra percezione del possesso: una società è infatti intelligente quanto più riesce a trovare soluzioni di mobilità intelligente. Di mobilità alternativa, come il bike o il car sharing ma anche servizi di micromobilità come monopattini, hoverboard e i segway, ad impatto zero, ed ovviamente di mezzi di trasporto pubblico.
I vantaggi sono lampanti, dai costi contenuti alla diminuzione dell’impatto ambientale. Ma anche la transizione all’energia elettrica, l’alternativa al fossile, porta con se diversi problemi da risolvere. Primi su tutti: la mancanza di infrastrutture dedicate e la mancanza di incentivi, due fattori strettamente legati alla politica e necessari per la realizzazione delle smart cities.
Una volta fatto ciò, il passo in avanti sarà rendere la mobilità sostenibile sempre più interconnessa: il cittadino in questo modo potrà programmare i suoi spostamenti in un unico portale, dove poter noleggiare i diversi servizi a disposizione e dove poter acquistare i biglietti delle tratte in un’unica soluzione.
La mobilità rappresenta il fulcro della società 5.0 anche per quanto riguarda lo spostamento di merci. Il delivery attraverso sistema di robotica a guida autonoma è già in fase di realizzazione e sperimentazione, con droni e aerotaxi. La tecnologia esiste, occorre potenziarne i servizi dedicati e renderli a portata (anche economica) di tutti. Così come occorre che ognuno di noi sia pronto e disposto ad un cambio di mindset.
Smart Governance: la grande sfida della digitalizzazione del sistema Paese
L’obiettivo è ambizioso: zero burocrazia. Ma la strada è percorribile, e passa da una grande opera di infrastrutturazione del Paese e digitalizzazione della pubblica amministrazione. E su questo l’Italia può contare sugli ingenti investimenti previsti dal Piano Nazionale Ripresa e Resistenza (PNRR), che riserva il 27% dei suoi fondi proprio alla trasformazione digitale.
I nostri dati personali, in questo caso, rappresentano il punto di partenza. Ma anche il rischio maggiore, soprattutto se pensiamo a come vengono conservati e tutelati di fronte a possibili attacchi cibernetici. Pensiamo solo che ogni giorni vengono raccolti milioni di dati da sensori e device nelle città italiane: per questo è prioritario farne buon uso.
La chiave è regolamentare e utilizzare sistemi di raccolta dati sicuri, con informazioni sempre aggiornate. In questo modo, tramite una gestione smart della governance, saremo in grado migliorare servizi pubblici come quelli legati alla sanità e all’istruzione, ma anche quelli del trasporto e della sicurezza pubblica.
Il miglioramento della qualità dei servizi ai cittadini e dello sviluppo sostenibile passa anche da qui, per questo l’amministrazione deve continuare a garantire centralità alla conoscenza, alle risorse ambientali, alle relazioni tra gli esseri umani e ai beni della comunità.
Smart People: il ruolo delle persone e della politica tecnologica
Non esiste trasformazione digitale senza trasformazione culturale. Quando parliamo di società 5.0 e di digitalizzazione tendiamo spesso a dimenticare che, al centro di questi grandi cambiamenti, restano le persone.
Nella smart society le persone continueranno ad essere coinvolte e ascoltate, in un processo di partecipazione attiva e di collaborazione democratica che passa dalla co-progettazione e garantisce l’accesso alle informazioni. Ma affinché questo avvenga è necessario fornire alla popolazione l’accesso ai dati su cui basare le proprie decisioni e gli strumenti adatti a comprenderli.
L’educazione al digitale gioca dunque un ruolo importante. Anche di fronte all’inevitabile rischio di disoccupazione tecnologica. Per questo, i governi e la politica dovranno essere in grado di mettere in campo sistemi di reintegro e reskilling e upskilling.
Parliamo in questo caso di politica tecnologica, un’enorme sfida che definirà il futuro delle nostre società. Non parliamo solo di macchinari e tecnologie sempre più avanzate, ma di corsi di aggiornamenti, di formazione, di nuove forme di welfare sempre più incentrate ad un corretto equilibrio, ad un corretto work life balance.
L’opportunità deriva dal saper gestire correttamente questo processo, in modo da usare la transizione al digitale non solo per migliorare le nostre condizioni di vita ma anche quelle legate al mondo del lavoro.
Smart Environment: la grande corsa verso gli obiettivi dell’Agenda 2030
Ogni anno, l’Overshoot Day cade qualche giorno in anticipo. Si tratta di quel momento dell’anno in cui esauriamo le risorse che la Terra è in grado di rigenerare nel corso di un anno. Ogni anno, poi, assistiamo all’estate più calda: quella del 2023 è stata la più calda degli ultimi 2.000 anni per l’emisfero settentrionale, segnando quasi 4 gradi in più rispetto all’estate più fredda dello stesso periodo.
Notizie di questo genere si rincorrono nei diversi media, ed è qualcosa a cui non dobbiamo fare l’abitudine: il cambiamento climatico è forse la questione del secolo, e non abbiamo più tanto tempo per riuscire a raggiungere gli Accordi di Parigi e per mettere un freno ad eventi climatici estremi sempre più frequenti e sempre più intensi in ogni angolo del nostro Paese.
Gli obiettivi della Società 5.0 sono anche gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015 che si sono impegnati a raggiungere i 17 Sustainable Development Goals, SDGs, entro la fine di questo decennio.
Sviluppo sostenibile, basso impatto ambientale ed efficienza energetica: ecco le tre espressioni chiave della società del futuro. La tecnologia può aiutarci a rendere le nostre città più resilienti, ma non è soltanto questo: l’integrazione tra innovazione e ambiente è foriera di nuove opportunità, ma solo se riusciremo a mitigare l’impronta carbonica delle tecnologie stesse, che rischiano di contribuire in maniera determinante al processo di cambiamento climatico.
Smart Living: per una sanità sempre più inclusiva
A fronte di una popolazione mondiale in continua crescita – le previsioni al 2080 parlano di 10,3 miliardi di persone rispetto agli attuali 8,2 miliardi – ma sempre più anziana – a causa del calo del tasso di fecondità e dell’allungamento della speranza di vita – appare evidente come il tema della sanità ricopra un ruolo da non sottovalutare.
Sempre più il benessere deve essere garantito a tutti, sia che parliamo di salute ma anche di educazione, sicurezza o cultura. Per evitare che il diritto alla salute appartenga realmente soltanto ai ricchi è necessario potenziare le infrastrutture pubbliche. Non parliamo soltanto di personale, ma anche di innovazioni in grado di supportare i medici tanto nel lavoro di programmazione ordinaria quanto nelle sale operatorie.
Una sanità integrata e inclusiva passa necessariamente per l’innovazione digitale. I primi passi da muovere riguardano la telemedicina e il teleconsulto, con personalizzazione dei trattamenti e monitoraggio dei pazienti in tempo reale ma da remoto dove possibile, così da poter beneficiare di una riduzione dei costi e di un risparmio di tempo. Anche le reti sanitarie devono essere ripensate in network sicuri e flessibili, per migliorare l’esperienza delle persone e abilitare la transizione verso nuovi modelli di cura.
Verso un benessere diffuso
Per ognuno di questi aspetti analizzati, che contribuiscono tutti alla stessa maniera a definire la società 5.0, le opportunità derivanti dal progresso tecnologico superano i rischi ad esso connessi.
Ma non basta individuare il problema e mettere in campo una strategia di mitigamento. Ognuno di noi deve essere pronto a cambiare prospettiva e modificare di conseguenza il proprio mindset.
Spazio poi alla politica, l’unica in grado di guidare questa transizione per la realizzazione della protopia dell’Hyper Smart Society.