Smart City ed e-Government: il Rinascimento urbano è già qui

È la sfida del XXI secolo, necessaria e urgente: far diventare intelligenti e umano-centriche le nostre città. O, meglio, per essere meno didascalici: integrare tecnologie digitali moderne a favore dei cittadini che le abitano e delle imprese che vi operano. Con servizi essenziali prossimi e infrastrutture digitali che si parlano e condividono dati per essere efficaci ed efficienti, per restituire così facendo un abitare a misura d’uomo. Se ne parla ormai da anni, tuttavia il futuro è già presente. Al centro resta la sostenibilità, la missione – che non è più utopia – di creare ambienti urbani più umano-centrici, che tengano conto delle esigenze delle persone, delle specificità economiche e sociali, del loro benessere psicofisico. Smart city ed e-government: tutto si tiene e soprattutto – è la speranza di fondo – tutto si trasforma. Anche se, in alcuni casi, passare dalle enunciazioni ai fatti non è ancora semplice. Le nuove pratiche illuminate stanno comunque cominciando a prendere piede, anche se con diverse velocità e risultati, nel mondo, in Europa e in Italia, dove in molti casi la fatica si nota. 

Italo Calvino, nelle Città invisibili, attraverso il viaggio di Marco Polo raccontò di luoghi immaginari ma con significati concreti, che rappresentavano diverse realtà urbane e i loro aspetti pratici. Oggi, nel 2024, si parla di “rinascimento urbano”: un processo avvertito come necessario e spinto dall’esperienza della pandemia che, come uno spartiacque, ha impresso una velocizzazione. Meno auto, meno traffico, meno inquinamento, più tempo, servizi diffusi, più spazi pubblici, più verde e una migliore qualità della vita: la lezione del Covid-19 porta – e per fortuna – anche a questo. Si tratta di invertire la concezione novecentesca dell’abitare e del lavorare. Nel secolo scorso chi ridisegnò le città dopo i grandi conflitti le pensò nel nome della “zonizzazione”: in un quadrante le case per dormire, in un altro, ben lontano, le fabbriche, rumorose e inquinanti. La zonizzazione è, tecnicamente nella pianificazione urbana, quella attività attraverso cui la pubblica amministrazione suddivide il proprio territorio comunale in zone territoriali e omogenee alle quali viene riconosciuta o attribuita una determinata funzione, con conseguente attribuzione di vincoli. 

Questa concezione portò alle città flussi continui, un numero esagerato di veicoli, dunque il traffico e l’inquinamento: centri diversi fra loro, anche morfologicamente, che vivono a turno solo mezza giornata. Centri, nel senso di aree, che si spengono di notte e vivono solo di giorno, e viceversa. Il resto lo hanno fatto prima le crisi economiche e poi la speculazione del mattone: prezzi alle stelle nei centri storici con le periferie come unica soluzione per abitare per molti, tra innumerevoli disagi e mancanza di servizi essenziali, specie per una popolazione che in Italia si contraddistingue per essere sempre più anziana. Adesso si tenta di ribaltare il paradigma e di riprogrammare dal basso la vita dei cittadini, mettendo al centro la persona, la qualità della vita e dunque i servizi pubblici. Una riprogrammazione che passa necessariamente dagli organi di governo, chiamati a integrare la tecnologia nei propri processi andando a snellire il tasso di burocratizzazione garantendo al tempo stesso un’esperienza differente e più ampia in termini di servizi destinati al cittadino. 

Serve, quindi, una gestione smart e illuminata delle nostre città. E un simile tipo di governance strategica per i territori, con azioni di pianificazione e monitoraggio intelligente, non può che basarsi sull’uso di tecnologie digitali moderne e strumenti innovativi di informazione e comunicazione che mettano in efficiente connessione tutti gli attori coinvolti nei vari processi urbani. Simili azioni di cambiamento organizzativo hanno, tra le altre cose, l’ambizioso scopo di ottimizzare il lavoro degli enti e di offrire a cittadini e imprese servizi più rapidi, prossimi e sempre improntati all’innovazione. Le attività amministrative dovrebbero dunque aver luogo sempre mediante tecnologie informatiche e rete internet, per mirare a soddisfare obiettivi di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza e democraticità nell’erogazione dei servizi pubblici e nello svolgimento dei procedimenti amministrativi. 

La digitalizzazione della PA e le moderne tecnologie hanno il potenziale di investire di innumerevoli vantaggi concreti l’intera attività amministrativa. Con ciò si fa riferimento, per esempio, alla sburocratizzazione di una lunga serie di svariate procedure, alla riduzione degli sprechi, all’interoperabilità, all’implementazione di reti, e molto altro. È chiaro che, trattandosi di sistemi digitali, diventa fondamentale investire sulla cybersicurezza al fine di contenere la vulnerabilità delle infrastrutture così governate, per impedire l’accesso ai sistemi da parte di malintenzionati e l’eventuale conseguente paralisi degli obiettivi colpiti, garantendo al tempo stesso una qualità verso il cittadino opportuna a ricucire un rapporto di fiducia tra la società e le istituzioni. 

Le trasformazioni in atto 

Ripensare le città applicando tecnologie moderne, integrando innovazioni come smart building e smart solution per la gestione dei rifiuti, concependo servizi per il cittadino sviluppati intorno a criteri di prossimità, disegnando concretamente reti di micromobilità elettrica in sharing, spazi verdi per la socializzazione e il wellbeing psicofisico e altre soluzioni intelligenti sembra essere oggi tra i bisogni sociali primari della cittadinanza e tra le priorità più urgenti per chi governa. Servono pratiche e servizi diversi. A portata di smartphone e magari con una mobilità finalmente davvero sostenibile, per le persone, per le città e per l’ambiente. Ecco perché la smart mobility, per fare un esempio calzante e ormai sotto gli occhi di tutti, è diventata un’opzione concreta sempre più necessaria ed economicamente indispensabile. Lo sharing di e-bike, monopattini, e-scooter e car che vediamo nelle città metropolitane quando ci affacciamo dalle nostre finestre ce lo ricorda di continuo, unitamente alla spinta di un approccio culturale che in moltissimi casi si sta evolvendo. Si pensa dunque in orizzontale e non più in verticale, nell’accezione più vasta di questo ragionamento. 

Una rivoluzione che passa anche dal lavoro e da una diversa concezione delle attività, grazie allo smart working che sta permettendo di diluire e allungare gli orari, renderli flessibili e adattabili alle esigenze delle persone che, negli ultimi anni, hanno imparato a prediligere un modello basato sul proprio wellbeing psicofisico, anche a discapito della carriera lavorativa. Una tendenza che si esplicita in una miriade di temi che sono tornati a guadagnarsi la giusta importanza come la discussione pubblica sulla salute mentale, oggi avvertita come più importante nell’esistenza degli individui rispetto anche a soli 10 anni fa, oppure l’attenzione per il benessere fisico, attraverso un’alimentazione consapevole e un differente approccio al movimento. Non è un caso, per evidenziare una conseguenza di questo processo, che le palestre delle nostre città restino in buona parte in funzione fino alla mezzanotte. Cambiano le esigenze e le priorità della persona, si adegua il tessuto sociale e si trasformano le città. 

Questo processo di trasformazione ha subìto una velocizzazione a partire dal 2020, con la pandemia, quando le persone sono state spinte dalle circostanze a riconsiderare l’ordine di importanza degli elementi della loro scala di priorità. E ora questo processo sembra non arrestarsi più e – anzi – sembra trovare sempre più declinazioni ed evoluzioni di modelli già noti. La città dei 15 minuti, per esempio, non è più utopia e i principi sui quali si basa coincidono con gli obiettivi delle nuove concezioni che sono andate diffondendosi. A parlare di questa formula fu per la prima volta nel 2016 l’urbanista franco colombiano Carlos Moreno che immaginò la persona al centro di un ambiente dove tutto, o almeno l’indispensabile, fosse fruibile nel giro di un quarto d’ora di orologio, in maniera compatta, pratica e multifunzionale, con la conseguente democratizzazione sociale davanti a necessità universali. Questo grazie soprattutto a una connessione tecnologica costante e a una mobilità intelligente, fondamentali abilitatori del modello, che devono essere supportati dalle amministrazioni, da chi gestisce la cosa pubblica o da chi la fa gestire al privato, senza perdere però capacità di visione e intervento. 

La città dei 15 minuti 

La città dei 15 minuti si basa dunque su un’organizzazione più umano-centrica delle città con l’obiettivo di renderle più vivibili e meno impattanti sull’ambiente. Questo differente modello di organizzazione prevede un centro urbano in cui tutti i servizi essenziali sono nelle immediate vicinanze e raggiungibili a piedi o con mezzi di mobilità sostenibile nel giro di una manciata di minuti. La comunità che vi abita può dunque soddisfare i propri bisogni e le necessità quotidiane senza dover subire lunghi spostamenti in auto, godendo così di un aumento della qualità della vita grazie al fatto di avere tutto ciò che le occorre a portata di mano. Questa trasformazione dello spazio urbano è quindi spinta dal concetto di prossimità e di accesso universale ai servizi essenziali e alle attività. Parliamo di: assistenza sanitaria fisica e mentale, luoghi di cura, lavoro, scuole, circuiti corti per l’acquisto di generi primari e secondari, rete di trasporto pubblico locale, micro-mobilità in sharing, spazi verdi, aree pubbliche di socializzazione, poli culturali, biblioteche, cinema, musei, teatri eccetera. Come ricorda lo stesso Moreno, la pietra miliare su cui si basa questo modello è una mobilità urbana intelligente che prediliga l’accessibilità e la connettività per pedoni e ciclisti, in modo da sostituire l’auto come asse centrale della progettazione urbana. Per l’urbanista il centro urbano contemporaneo deve essere compatto e multifunzionale, e deve promuovere la vicinanza dei servizi utili per le persone. Non solo come risposta alla crisi climatica, ma anche come strategia per aumentare la resilienza delle comunità urbane.   

Il principio di prossimità 

Colonna portante di questo modello è la happy proximity. La promozione del concetto di prossimità inteso come immediata vicinanza geografica e psicologica dei servizi essenziali per il soddisfacimento dei bisogni della comunità è un paradigma che promette di migliorare la qualità della vita dei residenti. I ​​vantaggi di quella che Carlos Moreno chiama “happy proximity” sono molteplici e multidimensionali, a cominciare dal miglioramento della salute pubblica. Dal punto di vista della psicologia urbana, secondo l’urbanista, la vicinanza dei servizi influisce positivamente sulla salute mentale e sulla felicità dei cittadini. Gli spazi urbani ri-progettati per incoraggiare incontri sociali e attività all’aperto contribuiscono a una maggiore soddisfazione di vita e alla creazione di comunità più coese e resilienti. Sotto il profilo economico, invece, Moreno è convinto che “la prossimità dei servizi rafforzi l’economia locale promuovendo il flusso di capitale all’interno della comunità e sostenendo la crescita delle imprese cittadine”. Un modello che incentiva una rete di scambi commerciali più personali e meno dipendenti, guidando così l’economia su una scala più umana e sostenibile. 

“Le nostre città sono sistemi molto complessi, che necessitano di reti di mobilità, elettricità, acqua, e di servizi come servizi istruzione, assistenza medica, attività culturali – spiega Moreno -. Questo perché c’è una grande varietà di persone che vive in città: donne, uomini, bambini, anziani e molte categorie sociali diverse, ricchi, poveri, occupati, disoccupati, inoccupati. Dobbiamo essere consapevoli di questa complessità per offrire una città inclusiva, con reali possibilità di vivere insieme nelle migliori condizioni per migliorare la qualità della vita della collettività”. Per questo l’urbanista sostiene la necessità di orientare la vita dei cittadini alla reale accessibilità, più servizi in prossimità, in una nuova forma di città. Non più segregata, non più frammentata, ma una città più policentrica con un’offerta di servizi sempre più locali e disponibili a corto raggio e una mobilità decarbonizzata. A Bruxelles la Commissione europea continua a raccogliere e commissionare studi, a incentivare nuove esperienze, a fare raffronti tra diverse realtà. La sperimentazione delle smart city dà risultati inaspettati. Per esempio, porta a Tallinn, capitale dell’Estonia, che lo scorso anno ha ricevuto da Grenoble il testimone di capitale verde. È qui che smart city ed e-government hanno raggiunto l’acme di un rapporto virtuoso. 

Reti e applicazioni: l’importanza delle tecnologie e dell’AI 

Per l’applicazione di nuovi modelli come la città dei 15 minuti è imprescindibile l’impiego delle tecnologie moderne e la partecipazione dei cittadini. L’applicazione delle recenti innovazioni digitali si traduce nella possibilità di miglioramento della qualità della vita nelle nostre città. La raccolta e l’analisi dei dati forniti dalle smart technologies consentono una pianificazione urbana che risponde dinamicamente alle esigenze della popolazione, creando un senso di appartenenza e di empowerment. Le tecnologie sono dunque strumenti potenti in grado di contribuire alla trasformazione delle nostre città in smart city contemporanee. Hub di intelligenza artificiale, big data, analisi e monitoraggio, sensori intelligenti e altre tecnologie moderne possono funzionare da veicoli abilitatori di questo modello e devono essere addestrati a considerare che le sfide principali nei centri urbani contemporanei sono legate al cambiamento climatico, all’economia, alle disuguaglianze e all’esclusione sociale.  

Qualche esempio da replicare ed esportare: a Tallinn, l’intelligenza artificiale è utilizzata già da diverso tempo. Serve a contrastare gli attacchi informatici, valutare le condizioni stradali, erogare e gestire richieste legate alla vita domestica (ad esempio la gestione delle utenze e la fornitura di servizi urbani come la nettezza urbana), a gestire certificazioni, documenti di identità (i quali sono un modello per altri paesi europei come la Repubblica Ceca e la Danimarca), il grande novero delle prestazioni sanitarie e persino automatizzando cono robot alcune fasi della delivery di prodotti verso gli utenti finali. Il tutto con totale trasparenza grazie ad un continuo processo di formazione indirizzato alla popolazione e con continuo aggiornamento delle soluzioni tecnologiche. 

Quando si tratta di fornire servizi pubblici, ci sono ambiti in cui l’AI può essere molto utile per scrivere linee guida, consolidare e analizzare informazioni, fornire supporto iniziale ai clienti ed eseguire attività simili. I servizi pubblici si basano su regole molto specifiche stabilite dalla legislazione e i codici software si sono rivelati adatti a questo scopo.  

L’ex sindaco della perla del Baltico, Mihhail Kõlvart, ha dato a fine mandato (marzo 2024) una definizione che vale la pena registrare e tenere a mente: “Le capitali verdi europee devono guidare il percorso verso la creazione di città sostenibili, resilienti e inclusive, dove un ambiente in salute sia la chiave per uno sviluppo economico e sociale bilanciato e armonico“. 

A Tallinn, restando nel settore della mobilità urbana, il trasporto pubblico è gratuito dal 2013 e l’amministrazione si sta impegnando a ridisegnare la città per renderla più vivibile – facendo sì che ciascun abitante abbia tutte le infrastrutture e i servizi di cui necessita nelle immediate vicinanze – e più resiliente di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici come l’aumento delle temperature o gli eventi meteo estremi. Tutto si tiene nelle città del presente che sono già nel futuro, lasciandosi alle spalle, come nel caso di Tallinn, un rapporto lacerato tra società ed Istituzioni in cui l’elemento di fiducia e quello del benessere non erano contemplati.  

Oggi tutto guarda alla persona e alle sue esigenze, con una trasformazione armonica, connessa e sostenibile. Questa sfida rimbalza in Italia, dove pure diversi sforzi si stanno compiendo. Un occhio all’ultimo Smart City Index 2024 – prodotto dallo Smart City Observatory del Centro per la competitività mondiale dell’Institute for Management Development – che offre una panoramica di come le infrastrutture e le tecnologie disponibili influiscano sulle prestazioni della città e sulla qualità della vita dei suoi abitanti. Zurigo per la quinta volta si conferma la città più smart tra le 142 prese in esame. Poi a seguire: Oslo, Canberra, Ginevra, Singapore, Copenaghen, Losanna, Londra, Helsinki e Abu Dhabi. La sfida italiana e le opportunità per i mercati prendono forma da questa classifica.  

 

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