Smart Farming: l’innovazione tecnologica per un’agricoltura più sostenibile e sicura

Anche l’agricoltura consuma. La banalità dell’affermazione potrebbe far sorridere, eppure non tutti sono a conoscenza della reale portata dei dati: dopo l’industria, gli edifici e i trasporti, l’agricoltura è infatti il quarto settore per emissioni di gas serra in Italia, con un contributo di circa il 9% al totale nazionale. 

 Il suo impatto sul pianeta non è trascurabile dunque. E non potrebbe essere altrimenti, soprattutto in un momento storico in cui il consumo idrico e di suolo diventa sempre meno sostenibile. Per ridurre le emissioni di CO2 e rendere ancora possibili gli Accordi di Parigi sul clima occorrerebbe trasformare i sistemi alimentari, richiedendo “la cooperazione delle grandi aziende alimentari e agricole”: questa la strada tracciata da António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. 

 “Abbiamo una necessità globale di sostenibilità e di adattamento al cambiamento climatico”, spiega Danilo Ercolini, direttore scientifico della Fondazione Agritech e direttore del dipartimento di agraria dell’università degli studi di Napoli Federico II. “E il settore agricolo è uno di quelli in cui si avverte di più questa esigenza, non solo per il suo impatto ambientale, ma anche perché la produzione si sta abbassando sempre di più”. 

 A fronte di uno scenario macro economico, geopolitico e sociale che dal 2019 ha avuto numerosi stravolgimenti, dalla crisi delle materie prime successiva alla pandemia globale del 2020 agli squilibri economici causati dal conflitto russo ucraino, una risposta comune sta arrivando dalla transizione digitale.   

 Anche per quanto riguarda il mondo agricolo: “Le tecnologie abilitanti come i sistemi di intelligenza artificiale – spiega ancora Ercolini – possono favorire la riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni agricole e aumentare la possibilità che in futuro si riesca a mantenere la produttività, impattando di meno e adattandosi al cambiamento climatico”. Vediamo in che modo. 

Cos’è l’Agritech 

 Agricoltura di precisione, agricoltura 4.0, agricoltura intelligente: sono tutti sinonimi di Agritech, ossia dell’utilizzo delle innovazioni tecnologiche nei processi di produzione e controllo nel settore agroalimentare. 

 Un settore strategico per il Paese, tanto che nel 2022 sono stati utilizzati 1,6 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per crearne un Centro nazionale di ricerca dedicato, insieme ad altri quattro specifici su supercalcolo, tecnologie Rna, mobilità sostenibile e biodiversità.  

 Quello dedicato all’agricoltura si chiama National Research Centre for Agricultural Technologies e vede coinvolti 49 partner a livello nazionale, di cui 25 università e centri di ricerca e il resto università private e imprese. 

 “Il Centro si divide in nove spoke tematici – illustra Danilo Ercolini – ognuno di questi coordinato da una differente istituzione pubblica e a cui afferiscono differenti soci che lavorano su una tematica particolare, rispondendo a cinque macro obiettivi principali: adattamento sostenibile ai cambiamenti climatici, riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni agricole, implementazione di strategie di promozione dell’economia circolare e valorizzazione aree interne e tracciabilità”. 

 

Abbiamo una necessità globale di sostenibilità e di adattamento al cambiamento climatico
Danilo Ercolini, direttore scientifico della Fondazione Agritech

Le innovazioni in campo… 

 Le attività di ricerca del Centro riguardano tanto la sensoristica quanto le strategie per il recupero e per la valorizzazione delle biomasse vegetali.   Il primo passo riguarda l’agricoltura di precisione: “Si tratta di una grande svolta rispetto a quello che si faceva in passato – precisa Ercolini – grazie a dei sensori prossimali che misurano lo stato di idratazione del suolo o lo stato di salute delle piante, combinati a delle immagini acquisite da satelliti o droni, siamo in grado infatti di intervenire nelle colture laddove necessario, programmando gli interventi e riducendo in questo modo l’utilizzo di agrofarmaci e di fertilizzanti e risparmiando acqua”. Vantaggi che derivano da tecniche di intelligenza artificiale e machine learning, chiamati non a caso “sistemi di supporto alle decisioni”.    Oltre a ridurre il proprio impatto ambientale, un’altra sfida cardine del settore è quella di garantire la sicurezza alimentare del futuro e tutelare quelle specie vegetali del presente che fanno fatica a sopravvivere a causa della scarsità idrica.    “Proprio su questo fronte – anticipa il direttore scientifico del Centro – stiamo selezionando delle colture che sono in fase di adattamento al cambiamento climatico. Sono dei genotipi che potremmo chiamare a radici lunghe, perché sviluppano radici non in larghezza ma capaci di andare in profondità, pescando in questo modo le risorse idriche e i nutrienti che scarseggiano a causa delle variazioni climatiche che stiamo osservando”. 

…e quelle “fuori campo” 

 C’è poi tutto il capitolo delle coltivazioni fuori suolo: parliamo del vertical farming, ossia di quelle coltivazioni basate su serre verticali. “Significa coltivare le piante con radici sospese, in acqua oppure in aria, e dargli nutrizione quando necessario ma facendo a meno del suolo. Tutto questo in un ambiente chiuso e con illuminazione artificiale”.   I vantaggi e gli svantaggi sono lampanti, soprattutto in termini di costi e consumi. “Dal punto di vista energetico sono un po’ più dispendiose – ammette Ercolini – ma se realizzate con le tecnologie off-grid, ossia con elettricità prodotta da pannelli fotovoltaici, chiaramente si crea un sistema che si autoalimenta. Diventi indipendente dal consumo energetico, dall’energia fossile”.   Altre applicazioni della tecnologia nel settore riguardano sistemi di irrigazione sottosuolo oppure ancora lo sviluppo di piattaforme digitali di raccolta dati, dalla misurazione dello stato di fertilità dei suoli alla produttività in termini di crescita delle colture e al controllo sulla qualità dei prodotti che ne derivano.   “Ci sono tante sfide oltre la digitalizzazione – fa il punto Ercolini – riguardano una maggiore tutela della biodiversità, l’alternanza tra le colture, l’agricoltura rigenerativa. E poi c’è la sfida dell’economia circolare, ossia del cercare di avere produzioni con sempre meno scarti possibili. E quando sono inevitabili, del cercare di recuperarli per attivare dei processi di creazione di nuovi fertilizzanti o nutrienti a partire da biomasse di scarto di altre produzioni. C’è veramente tantissimo da fare”. 

Di formazione e finanziamenti 

 Quello dell’agritech è un mercato destinato a crescere: secondo l‘Osservatorio Smart Agrifood del POLIMI e dal Centro Studi TIM, nel 2023 l’Agricoltura 4.0 ha traguardato un nuovo primato, raggiungendo i 2,5 miliardi di euro con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente.   Il 72% delle aziende agricole italiane utilizza soluzioni tecnologiche e si riscontra un aumento del numero medio di soluzioni per azienda (3,4 rispetto al 3,2 del 2022). Un dato che va letto in senso critico, perché dal report emerge che ad investire sono principalmente quelle aziende che avevano già avviato percorsi di digitalizzazione negli anni passati. Per lo stesso motivo, l’incremento della superficie italiana coltivata con tecnologie digitali è moderato, passando dall’8% del 2022 al 9% del 2023.   “In Italia abbiamo un settore molto peculiare – commenta ancora il direttore scientifico del Centro Agritech – perché estremamente parcellizzato, fatto da una grande quantità di piccole imprese, e chiaramente l’impresa più piccola è meno probabile che abbia una struttura che ti permetta di operare una transizione digitale. C’è bisogno di una spinta di ammodernamento delle imprese agricole”.   Il Centro nazionale Agritech fa la sua parte in termini di formazione e informazione, tramite delle academy pensate proprio allo sviluppo di professionalità connesse alla trasformazione tecnologica e digitale del settore primario agricolo, in un’ottica di sostenibilità ambientale, offrendo alle aziende competenze tecniche, gestionali e di consulenza.   Ma è solo un primo passo. “C’è bisogno di promuovere gli investimenti”, conclude Danilo Ercolini, direttore scientifico della Fondazione Agritech e direttore del dipartimento di agraria dell’università degli studi di Napoli Federico II.    “Nel momento in cui un’azienda diventa consapevole dei vantaggi in termini di sostenibilità e produttività che può avere dall’adozione della tecnologia, c’è bisogno di chi poi materialmente finanzia il sistema. Ci vorrebbe uno strumento governativo che supporti almeno in parte questi finanziamenti, che consenta alle aziende di sperimentare, di provare sul campo cosa significa adottare una tecnologia per poi riuscire ad acquistarla con strumenti propri. Questa è una delle vie che si può percorrere”. 
Ti è piaciuto questo articolo?

Voglio restare in contatto con il Verde e il Blu Festival per ricevere news e aggiornamenti

Edizioni precedenti

Registrati per ricevere
tutti gli aggiornamenti
Powered by Bip Group - Verde e Blu Festival © 2024

Diventa partner

Hai domande, idee o vuoi saperne di più su Il Verde e il Blu Festival? Inviaci la tua richiesta e ti risponderemo il prima possibile.

Palazzo Wedekind

Palazzo Wedekind, noto ai più per essere la sede storica del quotidiano Il Tempo e oggi sede INPS.

Indirizzo:
P.zza Colonna, 366, 00187 Roma RM

Telefono: 06 0608

Mudec - Museo delle Culture

È un grande spazio espositivo situato nello storico quartiere di Porta Genova, nel cuore della zona Tortona.

Indirizzo:
Via Tortona 56, 20144 Milano MI

Telefono: 02 54917
mudec.it